Brennero fiction, la recensione: un crime all’apparenza freddo che gode di una storia poco “pompata”
Brennero ha le carte giuste per appassionare il pubblico in cerca di brividi: non esagera con le carte messe in tavola e le svela al ritmo giusto, in un’atmosfera da crime nordeuropeo, ma made in Italy
Quali sono gli ingredienti per un buon crime? Suspence, mistero (ovviamente), protagonisti carismatici e la capacità di sviare le “indagini” del pubblico puntata successiva. Ingredienti che la fiction Brennero dimostra di avere nei suoi primi due episodi, andati in onda su Rai 1 (l’intera stagione è disponibile in box set su RaiPlay).
Brennero fiction, la recensione
Brennero non fa troppi giri di parole, né cerca di rifilare al pubblico una storia che sia eccessivamente “pompata”. Quello messo sul tavolo con gli episodi d’esordio è invece un racconto estremamente asciutto, e per questo capace di arrivare al pubblico più facilmente.
Attenzione, asciutto non significa piatto: Brennero sa sfruttare molto bene quelle vibes da serie nordeuropea che l’ambientazione bolzanina offre alla trama. Una città tranquilla all’apparenza, ma che sotto quell’impressione di staticità e di glacialità sembra covare tensioni che aspettano solo il momento giusto per riaffiorare.
La linea gialla della serie è proprio legata a questo aspetto: l’incontro-scontro tra italiani e tedeschi in città, due mondi vicini ma lontanissimi, due visioni che non sempre riescono a coincidere. La bravura degli sceneggiatori è stata nell’evitare la didascalica morale dell’inclusione, ma di entrare più a fondo nelle ragioni di questa diffidenza.
La finzione (il serial killer che è tornato a spaventare la città) incontra così la realtà (gli attentati che negli anni Sessanta hanno visto al lavoro un gruppo di estremisti che chiedeva l’annessione all’Austria del Sudtirolo): ne viene fuori un ibrido che funziona, che non preme troppo l’acceleratore ma che fa andare comunque la macchina avanti.
Perché, va ricordato, Brennero è un giallo, con un assassino da identificare e catturare: un elemento che resta sempre in primo piano, anche quando ci si concede qualche deviazione di percorso con i due protagonisti. Eva (Elena Radonicich, in una delle sue migliori interpretazioni tv) e Paolo (Matteo Martari) si annusano, ognuno con un interesse a conoscere l’altra che sarà sì finalizzato a una relazione, ma prima di tutto alla risoluzione del caso. Sono quei personaggi, insomma, che con il loro carattere in perenne ricerca di un equilibrio riescono a rappresentare perfettamente l’inquietudine del genere crime stesso.
Gli ingredienti, insomma, ci sono tutti: Brennero ci ha sorpreso per aver riportato il crime della tv generalista a toni più consoni, senza essere un mistero solo di facciata ma ragionando anche su come intrattenere il pubblico e farlo giocare a individuare il colpevole, regalandogli al tempo stesso un clima capace di trasportarlo altrove, in una dimensione mentale perfetta per le prime serate fredde.